Anni indietro le proposte erano di altro tipo e ci si chiedeva: Cosa si può fare per sciogliere i ghiacci dell’ artico? Dopo la Seconda Guerra Mondiale furono avanzate proposte di fusione delle calotte polari da figure ben note, come il primo direttore generale dell’UNESCO Julian Huxley nel 1946 (bomba nucleare) oppure un alto funzionario presso il US Weather Bureau, l’ingegnere petrolifero russo Petr Mikhailovich Borisov. La sua proposta per scioglierli fu quella di spargere sulla superficie polvere di carbone. Oggi invece l’idea è la seguente: coprire le parti più importanti dell’Artico con milioni di microsfere di vetro vuote, così da formare uno strato in grado di riflettere la luce solare e proteggere il ghiaccio dallo scioglimento.
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Gli scienziati dell’organizzazione Ice911 stanno sperimentando microsfere di vetro (silice) che potrebbero proteggere il ghiaccio dell’Artico dallo scioglimento catalizzato dai cambiamenti climatici. Le microscopiche perle sono progettate per favorire la riflessione dei raggi solari e far abbassare le temperature. L’idea è cospargere le aree più esposte allo scioglimento, ma i costi sono altissimi e deve essere ancora pienamente dimostrata l’efficacia su larga scala.
Di Andrea Centini
Coprire con miliardi di microscopiche sfere di vetro il ghiaccio dell’Artico per proteggerlo dai raggi solari, isolarlo e impedire che si sciolga per effetto dei cambiamenti climatici. Non è fantascienza, ma l’idea di un gruppo di scienziati che sta studiando un modo per bloccare la scomparsa della piattaforma ghiacciata artica, prevista entro alcuni decenni se non riusciremo a contrastare il riscaldamento globale.
L’avveniristico progetto nacque dopo la pubblicazione del film-documentario di e con Al Gore “An Inconvenient Truth” (Una scomoda verità) diretto da Davis Guggenheim, che ebbe il merito di sensibilizzare il mondo intero sul tema dei cambiamenti climatici, dando eco ai messaggi di allarme degli scienziati. Da allora sono state proposte diverse soluzioni più o meno fantasiose e dratische per allontanare le devastanti conseguenze del riscaldamento globale. Del resto si stima che entro la fine del secolo, se continueremo con questo tasso di scioglimento, il mare potrebbe alzarsi di circa un metro, sommergendo isole del Pacifico e numerose metropoli costiere.
Tra le idee nate in questo drammatico contesto vi è quella dell’organizzazione di scienziati Ice911, che prevede appunto di coprire il ghiaccio dell’Artico con microscopiche perle di silice – simili a una polvere – per proteggerlo dallo scioglimento. Il team guidato dalla professoressa Leslie Field dell’Università di Stanford le sta sperimentando da tempo negli Stati Uniti, e da un paio di anni stanno conducendo test anche presso un lago ghiacciato artico per dimostrarne l’efficacia. Dai risultati è emerso che lo spessore del ghiaccio è aumentato, la temperatura è diminuita e la riflettività del ghiaccio è stata ripristinata.
Lo scopo ultimo delle microsfere di vetro è infatti quello di abbassare le temperature mantenendo inalterata l’albedo del ghiaccio, quella proprietà che permette di riflettere i raggi solari impedendo all’Artico di scaldarsi. Quando il ghiaccio si scioglie, infatti, sparisce il suo potere riflettente e il pianeta accumula calore. Si tratta di un circolo vizioso che è legato a stretto contatto anche al rilascio dell’anidride carbonica intrappolata nel ghiaccio, il principale dei gas serra.
Il problema principale delle microscopiche sfere di vetro risiede nel fatto che ne serve una quantità enorme per ricoprire le porzioni nevralgiche dell’Artico, quelle in cui il tasso di scioglimento ha raggiunto picchi quattro volte superiori rispetto al recente passato. La spesa stimata è di 5 miliardi di dollari, una cifra considerevole per la quale servirebbe il finanziamento da parte dei governi di tutto il pianeta. Field e colleghi sono ancora al lavoro per dimostrare l’efficacia delle microperle, che sono già considerate meno invasive dei progetti di geoigegneria, come quello finanziato da Bill Gates, che prevede di spruzzare tonnellate di polvere di carbonato di calcio in atmosfera per bloccare i raggi solari. Sono inoltre a base di un composto presente naturalmente sulla Terra, possono essere facilmente rimosse e non comportano problemi di tossicità per gli animali e l’uomo. Solo quando sarà dimostrata la piena efficacia su larga scala, verosimilmente, le istituzioni internazionali prenderanno seriamente in esame una simile soluzione.
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